giovedì 12 aprile 2007

R-esistenze

Da domenica 15 Aprile ci sarà in Villa Sartirana a Giussano una mostra dedicata alle donne della Resistenza.

Invitiamo tutti a partecipare all'inaugurazione che si terrà alle ore 17.00, in cui interverrà la staffetta Bambina Villa.

Questo il link del volantino, con le informazioni sull'iniziativa:

http://www.comune.giussano.mi.it/Upload/Notizie/Dettagli/manifesto%20mostra.pdf

Iniziano le iniziative sul 25 Aprile: Sinistra Giovanile si impegna affinchè la memoria storica di questo Paese rimanga viva e sostiene ed organizza eventi e manifestazioni in ricordo della Resistenze Partigiana.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sulla Resistenza "al femminile" ho trovato proprio oggi questo interessante articolo. Date un occhio.. Alessandro

25 APRILE
Gli storici finalmente rivalutano la presenza femminile nella lotta contro il nazifascismo: ecco le cifre della partecipazione

Resistenza rosa

Un convegno a Milano. Dice don Giovanni Barbareschi, uno dei protagonisti
della Liberazione: «Le donne sono state le vere "resistenti". Gli uomini hanno contribuito con le armi»

Da Milano Antonio Airò

La Resistenza? E' scelta di uomini. Lo sostengono anche le disposizioni del Cln. La qualifica di partigiano spetta solo a chi ha imbracciato le armi ed ha partecipato ad almeno tre combattimenti negli ultimi tre mesi della lotta di Liberazione. E le donne? Certo il loro contributo è stato importante. Ma - lo sostiene una disposizione delle Brigate "Garibaldi" alle sfilate del dopo 25 aprile - è bene che non partecipino in tenuta da battaglia. Per loro basta un bracciale da crocerossina o qualcosa del genere.
Un ruolo riduttivo quello riservato alle donne nella Resistenza favorito anche dal persistente silenzio di gran parte delle protagoniste che hanno preferito per troppo tempo lasciare la scena agli uomini e a letture ideologiche, in chiave quasi esclusivamente politica.
«In realtà - sostiene lo storico Giorgio Vecchio - tante donne hanno parlato. Ma non sono state ascoltate». Una sottovalutazione ed anche una incomprensione di questo fenomeno complesso. Questa ha riguardato anche i militari italiani internati nei lager tedeschi, ha cominciato a studiare il contributo di non pochi ufficiali alla formazione delle bande partigiane, ha affrontato la partecipazione dei cattolici, in forme e in ruoli diversi, alla lotta di Liberazione. Un seguito di peccati di omissione che ha "penalizzato" soprattutto le donne guardate con diffidenza anche quando alcune di queste assunsero la guida di bande di ribelli e quando, anche se si trattava di una minoranza, impugnarono le armi. Come i partigiani maschi.
Un convegno di studio, svoltosi ieri, e una mostra (resterà aperta fino al 30 aprile) promossi a Milano dalla Fondazione Ambrosianeum, con il contributo di storici (oltre a Vecchio, Carla Bianchi Iacono e Elisabetta Salvini) e con le testimonianze di alcune partigiane, lascia intravedere la "Resistenza delle donne" come una partecipazione, molto più generale e anche decisiva sotto tanti aspetti alla storia del nostro Paese perché va oltre una lettura di comodo, fascismo o antifascismo, per assumere le forme di un'opposizione decisa contro la guerra e per la pace con l'accettazione piena dei valori della democrazia e della libertà per troppo tempo erano stati cancellati dal fascismo e calpestati dagli invasori tedeschi.
«Dopo il 25 luglio è scoppiata la libertà», dice una di queste partigiane. Proprio questa consapevolezza, che porta le donne a non voler essere più spettatrici ma attrici nell'Italia, può spiegare il lungo silenzio che ha segnato la lotta di Liberazione al femminile. Perché rompeva una sorta di "maschilismo" imperante e del quale si avvertono non pochi giudizi (ed anche pregiudizi spesso offensivi sul piano della morale) in non poche relazioni e pagine di comandanti partigiani. Ed anche, dall'altra parte, di non pochi capi repubblichini nei confronti delle ausiliarie della Rsi. La parità tra uomini e donne, che sul piano politico sarebbe stata sancita dopo il 25 aprile con la concessione del diritto di voto, inizia a maturare sulle montagne dove operano le bande, nelle città segnate dagli attentati dei Gap, nelle fabbriche che vedono, per via della guerra, una crescente presenza "rosa".
Certo, in gran parte le donne ospitano, in quegli anni drammatici, i prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento; aiutano i militari dispersi dopo l'8 settembre, favoriscono la fuga di ricercati, di ebrei in luoghi sicuri, curano i feriti, procurano abiti e cibo. Collaborano con i parroci nel nascondere i ribelli, spesso con l'aiuto delle "perpetue". In tante ricoprono il ruolo di staffette con una spola continua tra le loro abitazioni e le zone presidiate dai partigiani. «Facevo molte biciclette: 100-120 chilometri ogni giorno», ricorda Tina Anselmi. Sono le donne a portare e ricevere le informazioni, con rischi personali, anche nei carceri e nei campi di concentramento. Organizzano nel Reggiano «le case di latitanza». In parecchie fanno la scelta delle armi accanto ai loro uomini. E questo costituisce un problema pe r non poche resistenti cattoliche, per le quali ha un valore assoluto il comandamento di "non uccidere". Un problema è anche quello della violenza connessa alla lotta partigiana. Violenza subita da molte con oltraggi che non saranno mai superati. E il problema violenza, speculare al loro, si ripresenterà quando ad essere vittime, dopo il 25 aprile, saranno alcune donne fasciste.
C'è un altro aspetto che Vecchio sottolinea: la Resistenza delle donne è una scelta volontaria che le fa partecipare, a differenza degli uomini, in modo globale, totale. Dice don Giovanni Barbareschi, uno dei protagonisti della lotta di Liberazione: «Sono le donne ad aver fatto la Resistenza. Gli uomini vi hanno contribuito con le armi». E don Luisito Bianchi, un altro prete schierato con i ribelli, osserva: «La Resistenza, grazie alle donne, è stato un grande fatto di gratuità, contro ogni sopruso. E la Chiesa non dovrebbe mai dimenticarlo».

Nicola Campostori ha detto...

Grazie mille per il contributo!

Un articolo davvero interessante, un nuovo punto di vista (quello della resistenza femminile) su cui ragionare per ricordare ancora una volta la Liberazione.

Grazie ancora!